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Capitolo10: 005

“Si, anche i miei compagni sono fuori!” fu la replica, più preoccupata che piccata, di Elisabeth alle parole di rabbia dell’imperatore. Ragan non aveva un grande interesse in quei momenti per quelli che erano sì suoi salvatori, ma solo per gli amici e famigliari che erano fuori a combattere. Voltandosi scorse Ervin ferito ad una spalla, che protetto dal fratello, mentre uno dei soldati della sua guardia era del tutto scomparso, probabilmente morto. Keronte ed il giovane scudiero si erano piazzati con le spalle allo scudo innalzato dalla rossa. Una rossa che si era vista comparire praticamente dal nulla. Non l’aveva vista avvicinarsi, eppure se l’era ritrovata accanto.

Tornando ad osservare i compagni, scorse Verin, unico ancora a cavallo in quel momento, forte della propria esperienza, mentre un nano con un taglio al cranio impediva ad uno degli aggressori di colpire Keronte con una scimitarra, piantandoli uno stiletto nel fianco. Nel volgere nuovamente lo sguardo verso i gemelli, vide diverse frecce trafiggere i nemici a loro più vicini, offrendo ai due un attimo di riposo. La seconda guardia, invece, lottava con due avversari, facendo volteggiare le proprie lame a proteggere se stesso, mentre dietro di lui un lupo umanoide, che mostrava a sua volta diverse ferite da arma da taglio, provocava una vera e propria strage tra gli aggressori, portando il nobile ad avere paura lui stesso di quel salvatore.

 

“Erik…” Ragan si volto verso la rossa, seguendo poi il suo sguardo verso il boschetto da cui erano arrivate tutte quelle frecce, scoprendolo in fiamma, con quattro cavalli in fuga, mentre un uomo in armatura estraeva le proprie armi per combattere i nemici che erano andato a stanare colui che aveva portato morte tra le loro file dalla distanza. Lo stesso che il nano ed il lupo avevano invocato quando era apparsa l’idra.

L’imperatore torno a cercare con lo sguardo la donna che aveva visto allontanarsi da quello stesso boschetto per intercettare il mostro, trovando in campo non più solo un idra, ma due, che si trovavano ad affrontare anche due massicce creature grossi come buoi, dal manto lucido. *Ce…cerberi?* lo stupore dell’uomo nel vedere che ogni una delle creatura che la donna sembrava potere comandare senza problemi, possedeva tre teste canine, invece di una. Tre teste cui si andava ad aggiungere una coda simile ad un lungo e velenoso serpente. *Ma chi sono costoro?*

Un lampo esplose contro la parete arcana che lo separava dallo scontro, mantenendolo al sicuro, costringendolo a tornare ad osservare quella parte di scontro. Stava rapidamente perdendo il filo di quanto accadeva. “Da dove… cosa…”

“Si sente bene? È ferito?” chiese Elisabeth accanto a lui, iniziando a verificarne le condizioni osservandone gli occhi, che si stavano facendo vacui. Ragan scosse la testa cercando di schiarirsi le idee, ma il capogiro non fece che peggiorare. “Da quando ha quella…” l’uomo non riuscì ad udire il resto della frase della fanciulla prima di crollare sul proprio animale

 

Quasi in contemporanea la cavalcatura del generale fu colpita mortalmente a sua volta, crollando a terra portandosi dietro l’uomo, mentre grida d’esultanza eruttavano dalle gole degli avversari, prima che si lanciassero sul soldato per finirlo finche era a terra. L’avanzata degli Uomini Lucertola fu interrotta da Bred, che era saltato sopra all’animale abbattuto, descrivendo un arco orizzontale con la propria arma per allontanare gli avversari. “Questi non gli terrò lontani per molto da solo.” Ammise il nano. Anche con l’aiuto del generale e degli altri stavano facendo non poca fatica a salvarsi la vita.

Verin si rialzo ringhiando il proprio disappunto per la perdita del proprio cavallo, prima di girarsi per controllare il proprio signore. “RAGAN!” urlo con un misto di rabbia e disperazione nel vederlo accasciato a terra, apparentemente privo di vita.

“Guardati le spalle! Lui starà bene! Beth lo sta curando e non esiste guaritore migliore di lei!” commento il nano abbattendo la scure sulla gamba scoperta di uno dei rettiloidi.

L’uomo non era del tutto convinto, pure avendo scorto l’alone di luce attorno alle mani della fanciulla. Avrebbe preferito cercare di portare via l’imperatore da quella trappola, invece di dovere rimanere a combattere uno scontro apparentemente impossibile. Verin ricupero lo scudo iniziando a combattere a terra parando i colpi con esso e contrattaccando con la spada, a fianco di Bred.

Nuovi fischi ed urla vittoriose giunsero degli assalitori quando videro avvicinarsi due idre. I due animali si erano avvicinato senza fare particolari rumori, strisciando silenziose e letale fino alle prede. Entrambe innalzarono le teste al di sopra dello scontro prima di abbattersi su coloro che le avevano guidate fino a quell’imboscata, azzannando ed avvelenando gli stessi uomini lucertola, provocando terrore negli aggressori, quanto sgomento nei difensori.

Mara fece capolinea alle spalle dei due serpenti quasi fossero semplicemente dei cuccioli un po’ troppo vivaci. “Scusatemi, ma il loro domatore non voleva comprendere il mio punto di vista…” asserì senza entrare nei dettagli di come l’avesse convinto a cedere il controllo di quelle creature. Alle sue spalle, si mostrarono fieri di se i due cerberi, creature temute forse tanto quanto le stesse idre che stavano seminando morte e disperazione tra gli uomini lucertola, costretti a ritirarsi in un fronte comune, un gruppo compatto che si mosse ansimando, fischiando e bestemmiando.

 

“Bene! Ora va un po’ meglio!” sospiro Bred, approfittando del momento di calma per tergersi il sangue che gli scendeva sulla faccia dal taglio che un avversario gli aveva inflitto al cuoio capelluto. Non era l’unica ferita che aveva riportato, ma era senz’altro la più spettacolare, quella che dava l’illusione d’essere la più grave. “Sarà inutile, ma un tentativo…” aggiunse, più per se stesso. Tutti i membri della scorta dell’imperatore mostravano ferite di varie entità. Lo scudiero giaceva a terra, svenuto con numerose ferite. Reggeva ancora tra le mani quanto rimaneva dell’asta su cui erano state appese le armerie dell’imperatore, ma il legno era stato fracassato completamente ed il drappo non si vedeva più. Keronte, che gli stava vicino non era certo un guerriero, senza contare che già sembrava reggersi a malapena in piedi per conto suo. I gemelli Courag non sembravano messi benissimo, mentre il soldato della guardia imperiale aveva un braccio che penzolava inutilizzabile, sanguinando da numerose ferite. Verin era obiettivamente quello nelle condizioni migliori. Aveva solo qualche taglio superficiale alle braccia ed alle gambe.

“Avete fallito! L’imperatore è per voi irraggiungibile!” fece il nano, all’indirizzo dei nemici. “Ora, avete solo due soluzioni, scappare o arrendervi.” Era fin troppo spavaldo da parte sua come affermazione, ma i fischi delle idre ed i ringhi dei cerberi erano di per se ottimi deterrenti che avrebbero fatto indietreggiare molti. Eppure, non sembro che tra le file dei loro nemici si preparassero ad accettare il consiglio. Si scorgeva disperazione e rabbia in quelle creature. Dispiacere anche, ma non la viltà di chi ha perso la speranza di potere vincere.

Un corno suono dalle loro retrovie, lento e lugubre, cogliendo impreparati gli stessi aggressori. Non pochi tra loro si voltarono mostrando ora paura e rabbia verso quel suono, sbraitando nella loro lingua qualcosa che non potevano capire, mentre altri si lanciarono all’attacco con furia rinnovata, o forse con maggiore disperazione in quella carica priva di senso o strategia.

Capitolo10: 004

Qualcosa dovete venire avvertito dagli animali, perché iniziarono a sbuffare mentre salivano con un ritmo costante e le orecchie tese. Oppure, semplicemente in reazione alle emozioni dei loro cavalieri. La salita duro poco più di un minuto, ma durante questa i nervi d’ogni uno di loro si tesero, aspettando la freccia infida ed assassina che avrebbe loro tolto la vita senza possibilità di difesa, oppure lo scontro.

Malgrado si fosse promesso e ripromesso di non mostrare segni della propria indolenza, o qualsiasi altro segno che potesse fare capire ai suoi aggressori che sapeva quello che stava per succedere, Ragan porto la mano all’elsa della spada. Un riflesso, involontario, che scateno un immediata reazione. Il terreno sembro animarsi di vita propria, mentre da esso, forme verdi, quasi fossero erba, si alzarono per dirigersi in massa verso di loro con scimitarre sguainate e sibili minacciosi e corni di guerra, cui presto risposerò da tutta la pianura, non più gli allegri suoni dei nobili presi dalle loro festività, ma minacce di morte.

“Ecco gli!” ruggì Verin afferrando una delle mazze che pendevano dalla sua sella, pronto alla pugna, ma l’avversario a lui più vicino stramazzo al suolo con una freccia piantata nel cranio, seguito a ruota da un secondo e poi un terzo. Prima che un solo degli avversari fosse abbastanza vicino al gruppo da potere tentare di colpire, sei degli aggressori erano a terra colpiti da una morte annunciata solo da un sibilo nell’aria.

“Verin! Vedi cosa può fare un buon paio d’arcieri!” Commento Sargin prima di abbattere la propria spada sul cranio di un avversario mentre la propria cavalcatura sfruttava la propria stazza per fare rovinare a terra un altro degli uomini lucertola.

Il generale non rispose, concentrandosi invece sul menare colpi in quella massa brulicante in arrivo, apparentemente priva d’interesse per la propria incolumità. Non aveva mai incontrato creature simile prima di quel giorno, ma la descrizione fatta loro da Keronte era quanto di più veritiera. Esseri umanoidi simili a lucertole. Il più di loro vestivano semplicemente una specie di perizoma di pelle e qualche protezione di cuoio sugli arti.

*Ma quanti sono?* si chiese. Ogni dove volgesse lo sguardo gli pareva di vedere solo avversari, quasi avessero sfidato in otto un intero esercito.

“Generale!” lo richiamo Keronte. Voltandosi l’uomo si trovo a pochi centimetri dalla schiena una lancia, tenuta in pugno da un aggressore, dalla cui gola usciva una daga. Il militare dovete concedersi un ceno di ringraziamento all’indirizzo dello scriba. Non si sarebbe mai aspettato di vedere la propria vita venire salvata proprio da lui.

Sibili acuti e doloranti accompagnati da rumori crepitanti, gli fecero capire che i soldati della guardia dell’imperatore avevano iniziato ad impiegare non solo le loro armi, ma anche la magia, senza necessità di voltarsi in quella direzione. “Keronte? Dove sono questi rinforzi?” sbraito mentre perdeva la propria mazza, strappatagli di mano da un avversario a qui spacco il cranio direttamente con il pugno, mentre vedeva attorno a loro gli avversari farsi sempre più compatti.

“Arrivano!” replico semplicemente lo scriba, prima che una serie d’ombre calassero su di loro dall’alto. Lo scudiero fu il primo e forse unico sul momento a rendersene conto, sfruttando la lancia per trafiggere uno degli aggressori che si stavano calando verso Ragan, prima che una nuova salva di frecce andassero a colpire gli altri portando morte nei corpi cadenti.

Un ululato selvaggio e rabbioso azzittì gli aggressori, prima che una scheggia di pelliccia argentea piombasse in mezzo ad essi, scagliando decine d’aggressori per aria, come bambole di pezza che si fossero opposte ad un uragano nel pieno della propria furia. In mezzo ai rettili poi si mostro in tutta la sua stazza il demone Tokran, prima che qualcosa, o qualcuno iniziasse a sfruttare il momento di distrazione degli aggressori per colpire gli stessi. “Non sperare che si ripeta!” commento il licantropo prima di avventarsi su altre prede, squarciandogli con i propri artigli.

“Credimi, se ti dico che la cosa non mi abbia entusiasmato!” replico una voce di cui Ragan ed i suoi non poterono vedere il proprietario, ma solo seguirne la presenza per il semplice fatto di vedere guerrieri avversari cadere. Nuove frecce, simile ad una pioggia nera e mortale, arrivarono colpendo apparentemente nel mucchio degli avversari, portando scompiglio negli aggressori che non si erano attesi una simile resistenza dalle proprie vittime.

Gli uomini lucertola si ritirarono di un paio di passi, osservando con rabbia nella direzione dei nuovi venuti. “Mio signore, dovremo cercare di approfittare della situazione e cercare vantaggio!” se a parlare cosi a Ragan fosse stato uno dei consiglieri del palazzo, l’imperatore gli avrebbe ordinato di dimettersi, anche solo per il tono accondiscendente che tendevano ad usare in quei casi. A parlare, però, era stato Verin e non si trattava d’intrigo o di paura, ma di semplice logica da battaglia, laddove nelle file nemiche si stava già spargendo il seme di un nuovo attacco.

“Non so se sia una buona idea…” commento Ervin. Simili parole erano tanto inconsuete pronunciate dal cugino che Ragan segui il suo sguardo, nell’osservare con orrore l’avvicinarsi di una creatura che avrebbe volontiere evitato di affrontare con tanti nemici intorno. “Un idra… non è possibile… Hanno portato pure un domatore…” espresse per lui il parente, concludendo le parole iniziate poco prima.

“ERIIIIKKKK!” Un’unica parola, pronunciata con apparente indifferenza da quello che sapevano essere un nano, per bocca di Keronte, ed il demone buono Tokran, quasi la presenza dell’idra fosse tutt’al più una seccatura, mentre riprendevano ad attaccare gli uomini lucertola portarono un ulteriore momento di smarrimento nell’imperatore e nella sua scorta.

L’invocazione dei due non trovo al risposta che si erano aspettati, giacché le frecce continuarono a piovere sugli aggressori in modo quasi ininterrotto, mentre Ragan scorse sulla collina di fronte alla loro una donna uscire allo scoperto. Il suo sguardo per un istante incrocio quello della donna, che gli rivolse un sorriso tranquillo, mentre si dirigeva verso l’idra, con passo sicuro, adattando il proprio passo per intercettarla prima che questa potesse entrare nello scontro. Uno sguardo ed un sorriso che gli sembrarono dare forza, quasi da essi potesse trarre la forza necessaria a vincere lo scontro.

“Vostra altezza dovrebbe stare ferma un istante!” Una voce, femminile anche essa lo trasse fuori dai propri pensieri, scoprendo accanto a lui la presenza di una giovane dai capelli rossi che stava intrecciando un incantesimo. Dai segni delle mani capi che era uno scudo, ma erano tanto complicati da non permettergli di carpirne la natura.

“I miei compagni…” tento di parlare Ragan prima che attorno a lui una cortina lattiginosa si innalzasse separandolo dal resto del mondo, bloccando brutalmente l’assalto di un paio di uomini lucertola. “I MIEI COMPAGNI?” ruggì un attimo dopo, rivolto alla fanciulla, notando che nessuno di essi era all’interno di quella protezione arcana, deciso ad uscirne lui stesso per offrire loro sostegno.

Capitolo10: 003

Il ragazzo osservo perplesso il proprio imperatore. Ignorava perché fosse stato scelto proprio lui per compiere quel lavoro, ma lo riteneva un onore. In quella giornata, socialmente impegnativa per i membri più importanti dell’impero, era stato incaricato da fare da porta bandiera, impugnando la lancia di frassino e metallo cui erano appesi le armerie dell’imperatore.

Quello che rendeva perplesso il giovane erano state le scelte dell’imperatore. L’obbligo fattogli di indossare l’armatura, quasi stesse andando in guerra, mentre sia il suo signore sia il suo seguito erano loro stessi pesantemente armati. Era quasi sicuro di avere scorto una cotta di maglia sotto ai vestiti dello scriba Keronte, cosa che gli sembrava ancora più fuori luogo, soprattutto se si considerava che con loro c’erano solo due soldati, se si escludevano i cugini dell’imperatore ed il generale Verin.

Capiva che erano a caccia, ma allora perché nessuno di loro cercava una preda? Perché non avevano portato i cani e soprattutto gli archi? Non avevano giavellotti, ma armi da scontro. Avevano attraversato la pianura in poche ore, mantenendo un ritmo non indifferente, quasi stessero andando ad un appuntamento più che a caccia. Eppure, in diverse occasione aveva scorto un cervo che gli precedeva, dirigendosi nella loro stessa direzione nella propria fuga.

Keronte accanto a lui, sempre preso dalle sue pergamene stava leggendo quasi freneticamente un testo, laddove ogni passo della cavalcatura rischiava di fargli perdere il filo dello scritto. “Ho verificato in ogni mio documento, ma proprio le tribù più vicine dovrebbero essere a Xetan o a Timusos.” Proferì infine l’uomo cogliendo di sorpresa il giovane scudiero, sottraendolo ai suoi pensieri.

“Allora perché stanno venendo a portare scompiglio fino a qui?” chiese di rimando il vocione di Verin. Alto quasi due metri per oltre cento chili di muscoli temprati da un numero di battaglie cui nessun altro generale era sopravvissuto, senza ritirarsi alle retrovie. Sprizzava rabbia nelle proprie parole, ma confermarono al ragazzo che di fatti non stavano andando a caccia, o per lo meno non della solita selvaggina, non di quella che avrebbero riportato a casa gli altri nobili.

“Le mie pergamene mi dicono molte cose, ma ciò che in esse non è scritto, non me lo possono dire!” replico lo scriba, sconsolato, lanciando un occhiata a Ragan. L’imperatore si era fidato ciecamente delle parole dello scriba quando questo gli aveva parlato dei quattro araldi di MadreLuna, basandosi sull’abilità di Keronte di valutare e conoscere le persone dopo un solo incontro.

“Niente c’impedisce di catturarne uno per cercare delle risposte…” commento allegramente Ervin Courag, prima di cercare l’occhio buono del gemello, che confermo con un simile sorriso sulle labbra. “…ehi, ragazzo! Non fare quella faccia!” commento all’indirizzo del portabandiera.

Anche il generale si volto ad osservarlo. “Ma qualcuno si è degnato di spiegargli a cosa stiamo andando incontro?” chiese imbronciato, notando lo sguardo sperduto del fanciullo. Gli altri presenti si guardarono perplessi, con espressioni che dicevano a tutti ‘ma non toccava a te?’. Verin scosse la barba dal taglio leonino. “Non stiamo andando a caccia ragazzo! Stiamo andando ad un imboscata, un imboscata di cui dovremo essere noi le vittime!”

“Però, saremo noi a fargliele vedere!” dichiaro Sargin Courag, posandogli una mano sulla spalla. “Potrai dire che nella tua prima battaglia hai protetto le spalle all’imperatore. Non male come carriera.” Aggiunse il guercio, come se si parlasse di una festa.

“Sempre che sopravviviamo…” furono le parole un po’ tetre di Ragan. Aveva fatto al sua scelta e non lo rimpiangeva, aveva ordinato alla sua guardia personale di suddividersi tra i vari nobili in modo da offrire loro protezione. Era stato lui stesso ad informargli di quale sarebbe stato il loro dovere, di qual era il pericolo che si correva. Qualcuno aveva protestato perché egli stesso si sarebbe trovato quasi privo di protezione in uno scontro dove sarebbero stati in chiaro svantaggio numerico. Ragan non aveva voluto sentire discussione. Non erano solo presenti i nobili, ma anche le loro famiglie, pure non avendo incontrato Elisabeth, aveva sentito da Keronte la richiesta della ragazza, che egli stesso approvava completamente.

L’imperatore lancio uno sguardo verso i soli due soldati che si era portato dietro. Entrambi erano cavalieri viverna, tra i migliori soldati di tutto l’impero, uomini capaci di combattere sia con le armi, sia con la magia. Uomini che in quel momento erano privati del loro alleato migliore, la loro cavalcatura. *Anch’io vorrei che Saratin fosse qui…* penso tra se l’uomo, reprimendo un sorriso all’immagine della viverna femmina che gli era stata affidata sottoforma d’uovo quand’aveva ancora solo dodici anni.

“Non mi piace sentire parlare in questi toni cugino!” dichiaro Ervin, impuntandosi sul proprio animale, uno stallone dal manto grigio.

“è vero che non bisogna sottovalutare un nemico…” prosegui Sargin all’indirizzo del portabandiera. “…ma sempre e comunque, pensare che si riuscirà ad uscirne vivi se ci si impegna!” dichiaro con tono da professore.

“Poi, si ottengono delle ottime storie da raccontare alle pulzelle!” aggiunse Ervin.

“Tu non racconti nemmeno gli eventi alle ragazze! Te le inventi!” controbatté il gemello, punzecchiando il fratello. “E sì che né hai pure bisogno, considerando quanto successo hai con le ragazze.”

Ragan non presto particolare attenzione al battibecco che segui tra i gemelli. Non provava desiderio dell’ebbrezza dello scontro. Combatteva per necessità e cercava di farlo bene solo per riportare i suoi alla vittoria e la propria vita a casa. Non ché avesse qualcosa di particolare, una moglie o dei figli da qui tornare, nonostante i suoi quasi trentasei anni, cosa che faceva dannare molti consiglieri del palazzo, secondo cui il trono necessitava di un legittimo erede.

“Sei preoccupato mio signore?” chiese Verin accostando il proprio cavallo a quello dell’imperatore. Lo conosceva sin dalla nascita. Era stato generale già sotto al regno del padre di Ragan. Era stato lui stesso a dargli i fondamenta di scherma e di lotta a corpo a corpo, l’aveva visto da bambino diventare ragazzo e poi uomo.

“Oggi morirà della gente, la mia gente, perché il mio impero è sotto attacco da un nemico di cui ignoriamo le ragioni, un nemico che ci sta attaccando direttamente in casa. Ritengo di avere delle buone ragioni per preoccuparmi…” commento l’uomo, portando per un attimo la mano all’elsa della spada, quasi a volere rassicurare se stesso della sua presenza al proprio fianco.

“I gemelli hanno detto qualcosa di giusto, una volta tanto, potremo catturare qualcuno dei nostri aggressori, sempre che questa storia sia vera.” Il generale era stato l’unico a sollevare alcune perplessità in merito alla fondatezza della minaccia, prima di piegarsi agli ordini. Per lui, anche coloro che sarebbero stati mandati a proteggere l’imperatore avrebbero potuto essere gli stessi assassini che dovevano uccidere il suo signore. Qualcuno diceva che pensava sempre per il peggio, ma lui si sarebbe solo definito come prudente. Preferiva ricevere piacevoli sorprese che delusioni. “Sempre che sopravviviamo…” aggiunse, un attimo dopo, ad anticipare il suo signore.

“Stiamo arrivando!” commento Keronte interrompendo ogni velleità di discussione tra i presenti, mentre i cavalli iniziavano ad affrontare il fianco di una collinetta in cima alla quale tre castani dalle verdi fronde vivevano pacifici.